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L’ordalia di Rohlborg cap 2°


Il distaccamento guidato da Rohlborg cadde vittima di un’imboscata e quasi tutte le guardie di palazzo vennero massacrate mentre i superstiti con il loro capitano resistevano nel tentativo di difendere una posizione disperata. Soverchiati nel numero, feriti e ormai prossimi alla resa, gli uomini di Rohlborg continuavano a combattere spronati dalla sua voce tonante certi che cmq tutto, in un modo o nell’altro, sarebbe finito di lì a poco.

L’esito dello scontro era chiaro a tutti i soldati. Il capitano non si sarebbe mai arreso e loro sarebbero morti tutti in quel giorno che non mostrava alcuna pietà per gli eroi. Tra i soldati che continuavano a combattere nessuno nutriva dubbi sulla decisione di Rohlborg.

O meglio, nessuno avrebbe dovuto.

Ciò che accadde esattamente nel cuore del giovane cadetto Telemaco ancora oggi nessuno lo può dire con certezza. Qualcuno dice che la sua mano venne guidata dalla volontà degli dei oscuri, altri lo dipingono semplicemente come un vile e irresponsabile traditore ma io credo che il seme della malvagità riesca a germogliare nel cuore dei deboli con estrema facilità e che entrambe le cose siano dunque vere.

Nel panico che genera una sconfitta, nella certezza della propria fine, Telemaco sentiva chiaramente le urla del suo capitano che esortavano a colpire senza cadere e non capiva perché nessuno dei suoi compagni si rendesse conto che quell’uomo li stava facendo ammazzare tutti.

Ma egli stesso non poteva fare a meno di continuare a lottare senza cedere di un passo contro il nemico che incalzava ormai da tutte le parti e capì in un attimo che l’unica possibilità di riuscire a sottrarsi al massacro era quella di far cessare gli ordini del suo comandante. Adesso Lottavano fianco a fianco, Dmtrij e Telemaco.

Il giovane cadetto sperava che il coraggioso condottiero venisse improvvisamente costretto al silenzio dal numero sempre crescente di attacchi che si trovava costretto a respingere, ma niente poteva spegnere l’ardore guerriero di quell’uomo.

Colpiva e gridava ancora e ancora e ancora.

Sempre più forte, fino alla fine.

“Capitano, moriremo tutti! Ordini la ritirata in nome di Sigmar!” Telemaco diceva il vero, potevano sperare di farcela se avessero rotto la formazione in quell’istante.

Ma Rohlborg non lo ascoltava, sembrava che il suo vigore crescesse di pari passo con la disperazione del giovane soldato.

“CAPITANO,MI ASCOLTI!STIAMO PER MORIRE TUTTI LONTANO DALLE NOSTRE CASE,SMETTA DI GRIDARE ORDINI!!” Ora Telemaco sanguinava da una ferita alla tempia e il suo sangue gli annebbiava la vista.
E tra i liquami dello stesso, la figura del suo comandante non accennava la resa.

Un altro cadetto cadde trafitto a morte dal nemico, la faccia stupita della morte sprofondata nel fango intriso di sangue.

Telemaco respinse un assalto e capì che non c’era altro da fare. Gettato lo scudo con l’emblema di Sigmar, la sua mano sinistra strinse l’elsa di un pugnale che non ricordava di aver mai portato in battaglia. Doveva farlo, per tornare a casa. La sua vita era in gioco e quel pazzo non l’avrebbe sacrificata in nome di qualcosa che nemmeno si può toccare.

Rohlborg stava lottando contro tre avversari e la sua armatura era scomposta e ammaccata.

Nel marasma della lotta, il punto dove colpire apparve agli occhi del giovane soldato come una rivelazione mistica.

“IO NON MORIRO’ OGGI,MALEDETTO PAZZO!!!” e il pugnale affondò nel fianco del Capitano.

…continua...


* L’Ordalia di Rohlborg è un racconto di Dimitri Galli Rohl, da un soggetto di Emanuele Vietina liberamente ispirato all’ambientazione di Warhammer Fantasy RPG.

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