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L’ordalia di Rohlborg cap 6°


Nella tremula luce di torce inconsapevoli, Harald camminava a passo svelto in quel corridoio fatto di tende e dolore che sembrava non finire mai. Ovunque volgesse lo sguardo i segni della sconfitta che l’esercito aveva subito erano terribilmente chiari. Uomini feriti che bestemmiavano col sangue in bocca i loro occhi sgranati nel ricordo dei compagni caduti e la consapevolezza di una punizione tremenda appena ricevuta. Armi gettate, spezzate, l’odore della paura che impregnava la terra stessa. I sopravvissuti si preparavano ad affrontare la notte. La tenda in cui era stato portato il Capitano era di fronte a lui. Soldati dallo sguardo ammaccato lo accolsero all’ingresso mentre le sue narici si riempivano troppo in fretta dell’odore di sangue,unguenti e preghiere. Rohlborg era disteso su una branda da campo,nudo nel torace, le gambe senza vita prigioniere della pesante armatura di piastre. Gli occhi di Harald incontrarono per un momento quelli vitrei del Capitano e lo sgomento ebbe ragione sulla volontà del giovane moro.

Non poteva essere successo, non aveva alcun senso. Di lì a poco il suo comandante si sarebbe di nuovo alzato in piedi e avrebbe cominciato a tuonare ordini e a maledire i codardi che non avevano dimostrato fegato durante la battaglia. Certo, avrebbero bevuto fino a tardi e magari Rohlborg sarebbe finito a raccontare ancora una volta la storia della loro amicizia nata tanto tempo prima di quel giorno maledetto e tutto sarebbe stato come doveva essere. I soldati avrebbero riso a squarciagola mentre quel piccolo canovaccio si ripeteva per l’ennesima volta. Lui si sarebbe difeso dalle accuse ubriache del capitano dicendo che proprio non l’aveva nemmeno guardata,quella donna. A quel punto Rohlborg avrebbe dato il meglio di sé, sfidandolo a duello ora, in quello stesso istante per lavare l’onta di un tradimento fraterno. Poi avrebbero riflettuto sulla natura maligna e ingannatrice delle donne, fatto qualche discorso osceno e bevuto ancora alla loro amicizia.

Era così che andava,sempre.

Il Capitano non si muoveva e nei suoi occhi non c’erano ricordi.
«Sta morendo - disse una voce dai confini della ragione.
Harald tornò improvvisamente agli odori della tenda e ai suoi occupanti. Li riconobbe tutti anche se le loro facce sembravano grottesche caricature di quelle dei giorni andati. Tutti gli uomini del capitano erano lì,riuniti sotto il vessillo dell’impotenza. Guardavano Rohlborg che se ne andava senza però riuscire a vederlo.

«Com’è successo? - riuscì finalmente a sputare il moro.
«Nessuno ha visto partire il colpo mortale - disse Bertold con un filo di voce - Eravamo circondati e l’unica cosa che riuscivo a sentire era la sua voce che continuava a gridare che cosa dovevamo fare.»
Deglutì e distolse lo sguardo dalla branda.
«Avevamo rotto la formazione e combattevamo su tutti i fronti, nessuno di noi era abbastanza vicino per poterlo aiutare - Ora la voce di Bertold tremava - Non è giusto che sia finita così.» Gli altri soldati erano schiavi di un silenzio che faceva il rumore di mille cannoni.
«Iubatus l’ha saputo? - domandò Harald senza udire il suono della propria voce.
«E’ partito un messo appena è stato possibile - rispose Ramon - Entro domani dovrebbe raggiungere Rebeccastadt.»
«Domani sarà già tutto finito da troppo tempo - sospirò Bertold passandosi la mano sporca di guerra sulla fronte che pulsava con la forza di un carro a vapore.

Harald aveva smesso di ascoltarli. Guardava il fianco squarciato di Rohlborg, il sangue denso che impregnava le bende.Quella ferita si stava portando via il suo amico,il compagno di cento battaglie, il soldato più forte ch’egli avesse mai avuto la fortuna d’incontrare.Largo una spanna,blasfemo nella forma,si rivelò agli occhi degli astanti quando venne il momento di cambiare la fasciatura.
«Era una lama avvelenata? - chiese il moro anche se conosceva la risposta.
«No,nessun veleno - mormorò il guaritore - La ferita è pulita ma non smette di sanguinare…» S’interruppe.

…continua...


* L’Ordalia di Rohlborg è un racconto di Dimitri Galli Rohl, da un soggetto di Emanuele Vietina liberamente ispirato all’ambientazione di Warhammer Fantasy RPG.

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